DA LEGGERE FRA LE RIGHE

 

 

PIETRO GOTTARDI TRENTO - A distanza di 14 anni dall'ultima ed unica vittoria di un corridore trentino alla Nove Colli (era il 1997 e ad imporsi in maglia Carraro fu Silvano Janes davanti ad un altro trentino, Gabriele Valentini), domenica a Cesenatico Antonio Corradini (nella foto Play Full Nikon) ha iscritto il proprio nome nell'albo d'oro della più «vecchia» e conosciuta gran fondo ciclistica italiana, giunta alla 41esima edizione. Per l'odontotecnico di Cles si è trattato di un vero e proprio trionfo, gustato in perfetta solitudine dopo aver staccato gli ultimi compagni di fuga sull'ultimo "colle" di giornata, il Garolo, posto a 30 chilometri dall'arrivo. Una perla preziosissima, infilata in una collana che la settimana prima si era arricchita di un altro monile delle gran fondo, la "Gimondi", e che già brillava di luce propria grazie a due Otzthaler Marathon, due podi alla Maratona delle Dolomiti e svariate altre gran fondo vinte negli anni scorsi (dieci solo nel 2008). Antonio Corradini detto "il Fenomeno". Cominciamo a capire perché... «Sì, è vero: i miei amici ciclisti mi chiamano così - ridacchia -,ma il tutto nasce molti anni fa, quando nemmeno facevo gare. Il soprannome me lo diede Janes. In inverno ero andato spesso a fare sci alpinismo con Maurizio Fondriest che aveva smesso da poco di correre. In primavera provai per la prima volta con il ciclismo e forte della preparazione invernale, in salita volavo: questo evidentemente colpì Janes che mi battezzò "fenomeno"». Lei ha realizzato il sogno di ogni granfondista: vincere la Nove Colli. Che emozioni le ha dato? «Fortissime, anche perché l'avevo disputata sei volte finendo sempre nei primi dieci senza però riuscire a piazzare la zampata vincente. La Nove Colli, se corri per vincerla, è una gara un po' particolare, lunga (210 km) con tante salite dure ma brevi, dove è più difficile fare la differenza che su salite magari meno ripide ma più lunghe. Stavolta è andata dritta e l'arrivo in solitudine sul viale del Mare gremito di gente rimarrà fra i miei ricordi più belli». Un suo compagno di squadra, Ersilio Fantini (terzo al traguardo) l'ha accusata di non aver rispettato non meglio precisati patti. Cosa risponde? «Ciò che ho già detto a lui di persona: gare come la Nove Colli non si comprano e non si vendono. Punto. Io ho fatto la selezione sul Barbotto a metà gara, portando via la fuga a sei e sull'ultima salita ho attaccato a tutta facendo il vuoto. Che dovevo fare? Tirare e freni e far vincere lui? Detto fuori dai denti era già capitato in un'altra gran fondo. Ma la Nove Colli non è una gran fondo come le altre». Visto che ci siamo, neanche la "Gimondi" se è per questo. E lei il 15 maggio l'ha vinta. «Anche questa mancava nel mio palmares. Lì ho vinto con una fuga solitaria di 80 chilometri, in una domenica di pioggia e freddo che aveva causato la riduzione del percorso a 130 km». Sia alla Nove Colli che alla Gimondi ci sono stati gli annunciati controlli antidoping. Si dice che molti dei suoi rivali abituali non si siano presentati al via... «E' vero, qualcuno mancava, ma non posso dire che sia stato proprio per questo. Di certo in entrambe le occasioni all'alba della gara io mi sono sottoposto ad un prelievo di sangue e dopo l'arrivo ad un prelievo di urine. Queste sono le regole per gli atleti di alto livello, per partecipare alle 5 gran fondo più importanti del calendario italiano oltre al passaporto biologico che prevede analsi complete sangue-urine secondo il protocollo australiano, una volta al mese». Lei è d'accordo? «Certo e sarebbe utile che questo sistema si estendesse a tutte le gran fondo. Se non altro è un buon deterrente alla partecipazione per chi vuole barare». Le rimane ancora qualcosa da vincere nel circuito delle gran fondo? «Mi mancherebbero la Maratona delle Dolomiti e la Sportful (ex Campagnolo). Ora mi prendo un po' di riposo e poi vedrò di prepararle al meglio per cercare di vincerle» Ma dove lo trova il tempo per lavorare, allenarsi, fare il marito ed il papà? «Lavorando in proprio riesco a gestire meglio il mio tempo: la mattina mi alleno 3 ore in bici (che il mercoledì diventano 4-5) ed il pomeriggio mi butto sul lavoro». Ha già pensato fino a quando farà questa vita? «Quasi sicuramente questo è il mio ultimo anno da granfondista. Ho 41 anni, il lavoro è aumentato ed anche la famiglia ad agosto aumenterà visto che è in arrivo il secondo figlio (il primo ha 20 mesi, ndr). In bici mi sono tolto gran belle soddisfazioni: credo potrò vivere serenamente anche senza le gare».
 

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